Alzi la mano chi non ha mai visto il cartone animato “Il Re Leone”, desiderando di incontrare, un giorno, gli animali africani nel loro habitat naturale. Oppure chi non ha mai sognato di trovarsi su una delle spiagge di sabbia bianchissima di Zanzibar, di fronte ad un mare dalle sfumature verdi e turchesi e le tipiche barche di legno con le loro vele candide. Si parte da queste cartoline per scoprire la Tanzania, per rendersi conto ben presto che si tratta di un Paese complesso e affascinante, capace di regalare emozioni che toccano le corde più profonde dell’animo di chi si sofferma sulla sua essenza.
Zanzibar, l’isola principale dell’omonimo arcipelago a Est del continente, ci accoglie con la sua terra rossa e i villaggi disseminati lungo il percorso tra l’aeroporto e la costa. È il punto di partenza del nostro viaggio in Tanzania, volutamente scelta come prima tappa per evitare il vaccino contro la febbre gialla, obbligatorio se si proviene da un Paese dell’Africa continentale.
Il tragitto consente un primo sguardo sulla vita di chi abita i villaggi delle campagne, sull’estrema semplicità delle loro abitazioni di argilla, sui banani che circondano le case e qualche mucca scarna che si aggira nei dintorni. Sono immagini forti, che colpiscono per il contrasto con la vita a cui noi siamo abituati. Ma le guide locali ci regalano un approfondimento importante, che insegna ai nostri occhi a osservare la realtà secondo un punto di vista diverso. Scopriamo così che gli abitanti di questi paesini di campagna sono felici. Sono scalzi, ogni giorno dopo colazione non sanno se avranno modo di procurarsi il pranzo e tantomeno la cena, ma sono felici. Molti di loro non hanno neppure la corrente elettrica e non dispongono di un cellulare, eppure sono felici. Le donne si recano al pozzo tutte le mattine per riempire le taniche d’acqua, di cui le loro abitazioni sono sprovviste, ma sorridono. Ecco il segreto, che arriva addosso in tutta la sua potenza: nella povertà che li contraddistingue, queste persone vivono una vita semplice e dignitosa, in armonia con le loro tradizioni e soprattutto senza invidia verso i loro vicini, perché dispongono tutti di poco e quel poco li rende felici. E così il modo in gola inizialmente provato di fronte a queste immagini di povertà assoluta si scioglie un poco, lasciando spazio ai sorrisi profondi e meravigliosi delle persone che incontriamo lungo il nostro viaggio.
Arrivati sulla costa, colonizzata dal turismo e costellata da resort per tutti i gusti e tutte le tasche, scopriamo che il mare è davvero una cartolina. Le sfumature dell’acqua assumono tonalità diverse con l’innalzamento della marea, per poi lasciare spazio alle alghe (che qui si coltivano) con l’abbassarsi del livello dell’acqua, creando suggestioni di colore sempre nuove durante l’arco della giornata, dall’alba al tramonto. Può risultare strano non potersi immergere se non nelle fasce orarie in cui la profondità aumenta? Nessun problema, per ovviare a tutto ciò basta spingersi sulla costa nord dell’isola, dove questo fenomeno è meno presente e consente quindi una balneazione più costante.
Oltre alle sue meravigliose spiagge da cartolina, però, l’isola nasconde una perla: Stone Town, la cittadina capitale di Zanzibar, il cui centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. L’influenza delle culture arabe e persiane ha plasmato quest’isola che porta sulle spalle il peso di un passato importante, legato non solo agli scambi commerciali ma anche tristemente al commercio di schiavi. Una visita al Museo degli Schiavi è quindi d’obbligo per conoscere e comprendere una triste pagina della storia di questo Paese.
Ma Zanzibar ha avuto anche un ruolo centrale nel commercio delle spezie e ancora oggi una parte significativa della sua economia si basa sulla produzione di cannella, zenzero, chiodi di garofano, noce moscata e pepe. Il mercato è quindi un’altra tappa obbligata, per girovagare tra le bancarelle di spezie e frutta fresca, immergendosi nei colori e nei profumi forti di quest’isola.
Stone Town è famosa anche per i portoni di legno delle case, un tempo simbolo di prestigio per la famiglia che vi abitava e oggi affascinanti testimonianze architettoniche grazie alle elaborate decorazioni che li caratterizzano. Passeggiare nel dedalo di stradine che compongono il centro storico, tra botteghe e palazzi antichi, alla ricerca di questi capolavori da fotografare, è una bellissima caccia al tesoro.
Concludiamo la nostra giornata in città con una sosta al porto, dove la calda luce del tramonto illumina le barche dei pescatori e il profumo degli spiedini di carne e di pesce arrostiti sul momento pervade l’aria, mentre le lanterne sulle bancarelle si accendono come luci di un presepio.
Giunto il momento di lasciare l’isola, con un volo interno ci spostiamo verso il continente, sorvolando Zanzibar, Pemba e le altre isole (oltre quaranta!), tutte molto piccole e alcune disabitate, che compongono l’arcipelago.
Atterriamo poi all’aeroporto di Arusha, dove sono pronti ad attenderci i ranger di African Horizons che, a bordo di grandi 4×4, ci accompagnano verso Nord.
La nostra prima tappa è il Parco Nazionale del lago Manyara, lungo una cinquantina di chilometri e caratterizzato da una fitta foresta che si alterna ai paesaggi tipici della savana, oltre alla presenza del grande lago da cui deriva il nome, definito da Ernest Hemingway come “il più bel lago di tutta l’Africa”. Gli abitanti principali di questo parco sono gli elefanti, ma abbiamo anche incontri ravvicinati con colonie di babbuini, zebre e gnu e persino la fortuna di scorgere, in lontananza, una leonessa sdraiata su un albero.
In un crescendo di emozioni indelebili, dedichiamo infine un’intera giornata all’Area di conservazione di Ngorongoro, un’area naturale protetta dall’UNESCO che di estende intorno al cratere del Ngorongoro.
Si tratta della più grande caldera intatta del Mondo, grazie ai suoi oltre 16 chilometri di diametro, e si trova a 2.200 metri sul livello del mare. La corona del cratere è percorsa da una sola strada, sul versante meridionale, da cui ci si affaccia su un paesaggio unico al
Mondo per la varietà di ambienti e microclimi che lo caratterizzano. Solo questa vista sarebbe sufficiente a lasciare senza fiato, ma il meglio deve ancora venire. Da qui parte infatti un percorso che, in circa mezz’ora a bordo dei fuoristrada guidati dai nostri esperti ranger, ci consente di scendere fino all’interno del cratere e di dare inizio a uno dei safari più emozionanti del Mondo.
Scendendo lungo le pendici del cratere, avvistiamo due giraffe adulte, in tutta la loro eleganza, e scorgiamo un villaggio dell’etnia Masai, popolo nomade o semi-nomade che vive sugli altopiani della Tanzania preservando la sua cultura tradizionale e costituisce l’unica traccia umana in questo luogo completamente naturale. Ed è solo l’inizio.
Ci troviamo infatti circondati da habitat diversi che convivono nell’immenso abbraccio di questo cratere: savana, laghi salati, pozze d’acqua dolce e foreste.
Con un unico sguardo, scorgiamo intorno a noi antilopi, gazzelle, zebre, facoceri, elefanti, leoni (che in lingua swahili si chiamano Simba, proprio come il protagonista del cartone animato!), gnu e bufali.
Ci spostiamo lungo i percorsi tracciati, sempre e solo a bordo dei nostri 4×4 perché qui è vietato muoversi a piedi, e attraversando ambienti diversi osserviamo da vicino iene, struzzi, leoni e leonesse, un elegantissimo ghepardo, fenicotteri rosa, tre rinoceronti neri e un gruppo di ippopotami. Di fronte ai nostri occhi si susseguono scene di placido riposo, spostamenti di mandrie, giochi e inseguimenti.
Ma la vera fortuna è una battuta di caccia, a pochi metri da noi, che vede protagonisti alcuni bufali anziani, tre leonesse, un numero imprecisato e sempre più crescente di iene, uno sciacallo e alcuni uccelli predatori. Siamo senza fiato per l’emozione, quasi incapaci di fotografare perché rapiti dal suono del respiro affannato dei diversi protagonisti in gioco, e passiamo da uno stato ipnotico alla sopraffazione delle emozioni contrastanti che queste immagini forti suscitano in noi. I nostri schemi mentali ci spingono a parteggiare per l’uno o l’altro, impressionati dall’agire cruento e dalla forza delle immagini a cui assistiamo. Ma le nostre guide ci invitano ad osservare la scena secondo altre leggi, quelle della natura. Secondo altri ritmi e altri tempi, ancestrali forse, a cui noi non siamo più abituati e che invece la natura ci ricorda che è importante rispettare.
E così lo stupore diventa meraviglia ed entusiasmo incontenibile, che si trasforma lentamente in una sensazione mai provata prima, almeno in modo così profondo. È il senso di equilibrio perfetto e di armonia con la natura che fa commuovere. E, mentre gli occhi si riempiono di lacrime, si comprende davvero il senso profondo di quello che viene definito “Mal d’Africa”.
Ripartiamo dall’aeroporto di Kilimanjaro, alle falde dell’omonima montagna, che scorgiamo appena, avvolta dalle nubi e dal mistero della sua imponenza.
Lascio in Africa un pezzettino di cuore, ma sono certa che tornerò a trovarlo.
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